Coronavirus, per l’emergenza economica usiamo l’avanzo primario del 2019

Per far fronte all’emergenza nell’economia reale del nostro Paese a seguito dell’emergenza sanitaria da coronavirus è evidente che i 7,5 miliardi di “flessibilità” da richiedere all’UE di cui parla il Governo italiano si configurano come un vero e proprio pannicello caldo.

Si tratta, invece, di mettere in campo risorse economiche in grado di sostenere il nostro tessuto industriale, le nostre piccole e medie imprese, i commercianti e gli artigiani, i liberi professionisti e i lavoratori dipendenti che rischiano di pagare il conto di una situazione imprevedibile quanto eccezionale.

Pochi giorni fa, l’ISTAT ha diffuso i dati relativi al PIL e all’indebitamento delle Amministrazioni Pubbliche nel triennio 2016-2019, in cui è emerso come il saldo primario (ovvero la differenza tra entrate e spese delle amministrazioni pubbliche, escluse le spese per interessi) per l’anno 2019 sia positivo e pari a 31.004 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil dell’1,7% (+1,5% nel 2018). Allo stesso tempo, il saldo di parte corrente (ovvero la differenza tra entrate correnti e uscite correnti delle AP) è risultato positivo e pari a 27.880 milioni di euro (16.071 milioni nel 2018). Tale miglioramento è il risultato di un aumento delle entrate correnti di circa 23,1 miliardi di euro, a fronte di un incremento delle uscite correnti di circa 11,3 miliardi.

Sono i dati migliori dal 2013 ad oggi.

Quei saldi positivi, ottenuti grazie allo sforzo dei contribuenti italiani (gravati, come sono, da una pressione tributaria oltre la media UE), potrebbero essere utilizzati subito e in via straordinaria per fronteggiare la crisi di liquidità che sta colpendo il nostro sistema economico nazionale.

Un grande paese come l’Italia, in cui il PIL dell’anno scorso ha raggiunto circa 1790 miliardi, deve poter utilizzare circa 30 miliardi di risorse dei nostri contribuenti per uscire da una crisi senza precedenti, con buona pace dell’Unione Europea.