Il compleanno di FdI e la conclusione dell’esperienza PdL: riflessioni dopo 10 anni
Oggi pomeriggio Fratelli d’Italia chiuderà l’evento del suo Decennale a Roma, in Piazza del Popolo. Non a caso, molti organi di informazione hanno accostato il traguardo raggiunto alla crescita elettorale del partito: dal 2% al 26% di tre mesi fa, un risultato che gli ha consentito di guidare il centrodestra e di portare la sua leader Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Se i militanti della prima ora di Fratelli d’Italia, a pieno merito e a buon diritto, festeggiano i dieci anni di vita forti di questi risultati, c’è chi, come alcuni di noi che ci avevano creduto, non può che ripensare a quella stagione politica e all’occasione persa con quello che avrebbe potuto essere il partito della Nazione dotato del maggiore consenso di sempre.
Piano, piano. Chi siamo noi? E quale sarebbe l’occasione persa?
Una risposta alla volta.
Chi siamo noi. Noi siamo i figli raminghi del Popolo della Libertà, il raggruppamento da cui dieci anni fa si staccò il manipolo di fondatori di FdI, il partito che non è mai stato partito e che, purtroppo, ha concluso la sua parabola a causa della mancata amalgama dei soggetti fondatori e dei suoi gruppi dirigenti. Un po’ come il Rio delle Amazzoni che, formato dall’unione tra il Rio Solimoes e il Rio Negro, per chilometri e chilometri prosegue bicolore con le due correnti contigue, ma mai mischiate, l’una color fango e l’altra blu cobalto. Ecco, questo era il PdL, per noi che l’abbiamo vissuto, che ci abbiamo creduto, che abbiamo sperato potesse diventare un partito di massa dall’ ispirazione liberale e nazionale.
L’occasione persa. Le primarie, quelle del 2012, quelle da cui avrebbe dovuto scaturire il nuovo segretario del partito, e che invece furono annullate, aprendo la strada alla fuoriuscita di coloro che poi fondarono Fratelli d’Italia. Occasione persa, dico, perché per diventare un partito al PdL mancarono proprio gli strumenti di contendibilità, di cui le primarie avrebbero potuto essere elemento primario e fondamentale: processi, cioè, di democrazia interna che favorissero il confronto delle idee e il dibattito, anche franco, in modo da stabilire chiaramente gerarchie e posizioni, sulla base di maggioranze reali e non stabilite rigidamente all’atto della costituzione, con “quote” definite di fronte ad un notaio.
A quelle elezioni primarie Giorgia Meloni era tra i due candidati più autorevoli. Oggi possiamo affermare che le ha vinte, dieci anni dopo, il 25 settembre scorso, conquistando con il consenso degli Italiani la leadership del centrodestra.
Per noi l’occasione persa ha i nomi delle persone che abbiamo smarrito per strada, sia tra coloro che erano in quel partito non partito e che ne erano elemento trascinante, poi staccatisi dalla politica o approdati altrove, sia tra coloro che lo votavano e ora non votano più.
Alle scorse elezioni politiche la coalizione di centrodestra ha ottenuto poco più di 12 milioni di voti. Tutti i partiti oggi all’opposizione, profondamente divisi fra loro, ne hanno incassati circa 15. Infine, circa 17 milioni di elettori su 46 complessivi non hanno votato, disertando le urne: di gran lunga il primo partito della nazione. A loro dovrà inevitabilmente rivolgersi il nuovo Governo, la nuova maggioranza: i 12 milioni non possono esimersi dal parlare con i 17 milioni che hanno scelto di non occuparsene. E’ un dovere, oltre che un’opportunità.
Che l’astensionismo sempre crescente sia il fenomeno cui tutti i partiti, specie quelli oggi al Governo, dovranno tener conto è evidente. Trovando il modo di parlare a questi milioni di Italiani, e operando per far tornare la fiducia nella politica, nelle Istituzioni e, perché no, nei partiti organizzati. Tenere le urne aperte due giorni, domenica e lunedì, come è stato fino a qualche anno fa e come è stato ristabilito qualche giorno fa con il decreto del Governo Meloni in vista delle elezioni che si terranno nel 2023, può certamente facilitare la partecipazione. Ma non basta. Serve la Politica, intesa come servizio per la propria comunità, e come ascolto e difesa degli interessi dei cittadini.
La strada è non è in discesa: vedremo se Giorgia Meloni, che ha già dimostrato di saper affrontare sfide molto ambiziose, troverà ulteriori risorse e coglierà l’opportunità per percorrerla fino alla meta.