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Andiamo noi alla montagna o la montagna viene a noi?

Andiamo noi alla montagna o la montagna viene a noi?
La domanda è chiaramente provocatoria ma si aggancia al tema dello spopolamento nelle valli montane e nei piccoli paesi di collina e pianura del nostro Piemonte, argomento che viene spesso affrontato con un andirivieni di ipotesi, cause, soluzioni che, ahinoi, tengono raramente conto di una componente essenziale delle nostre vite: la tecnologia e la connettività mobile.


Perché in alcune zone esiste tuttora un effettivo problema di connettività: la banda larga non è ancora ovunque, la fibra ottica manco a parlarne, addirittura i cellulari “prendono” poco e in alcuni casi persino il segnale televisivo pubblico è carente. La conseguenza è che prende poco anche la voglia di qualcuno di pensarsi lì per vivere. Forse per qualche giorno, in momenti di vacanza e relax, ma nulla di più.


E i borghi montani e i piccoli Comuni si spopolano, a favore delle città della prima cintura torinese.
Li preferiamo vivi e popolati oppure ci vogliamo rassegnare a un abbandono che ormai più di qualcuno ritiene ineluttabile?


Io propendo di gran lunga per la prima opzione, che si realizza anche offrendo alle singole persone e alle famiglie la possibilità di vita in quei luoghi garantendo loro, per esempio, l’opportunità di fare smart working , di mandare mail o sentire telefonicamente i propri clienti o i propri famigliari senza impedimenti di sorta, di poter accedere alla rete dei trasporti pubblici. Insomma, di avere collegamenti e connessioni, che rappresentano la fonte di lavoro e relazioni per moltissime persone.


Negli anni alcuni amministratori locali ostinati si sono spesi per offrire proposte allettanti (e coraggiose, lo dico seriamente) per cercare di attrarre nuovi abitanti nei loro paesi montani: le case a un euro con richiesta di ristrutturazione del bene immobile sono, per esempio, un’idea interessante, se non altro per recuperare antiche abitazioni che rischiano il totale disfacimento e per far proseguire la vita di questi Comuni.


Ma dobbiamo fare di più, come Istituzioni e Enti locali, per non lasciare questi sindaci da soli nei loro progetti che rischiano di non attecchire se non coordinati e garantiti da azioni concrete per colmare il digital divide.


I ripetitori costano. Costa costruirli e costa mantenerli. Le aziende private potrebbero investire in questo ma non possiamo chiedere loro di farlo se non garantiamo il massimo sforzo perché il loro investimento economico sia giustificato. Come si può chiedere di destinare cifre importanti per la realizzazione di infrastrutture se poi l’utenza non cresce e non c’è un reale vantaggio per tutti? E allora bisogna lavorare, centralmente e localmente, affinché non ci siano buchi di segnale e affinché anche i più giovani possano considerare un trasferimento in contesti meno urbanizzati. Non si può pretendere che rinuncino a una vita di comunicazioni facili e non si può considerare la montagna e la collina solo come luogo in cui “stare in pace e lontano da tutto”.


La Regione Piemonte nel 2021 ha fatto la sua parte stanziando complessivamente 10 milioni di euro su un bando che offriva contributi fino a 40.000 euro per il recupero o l’acquisto di immobili da parte di chi, vivendo in un centro urbano, scegliesse di trasferire la propria residenza in un comune montano. Una buona prospettiva: un incentivo che serve più obiettivi e aiuta le comunità. Chiaramente, lo sforzo deve essere ancora maggiore ed è necessario pensare a importanti investimenti, per arrivare al momento in cui si potrà evitare di raggiungere le valli e dover scrivere anticipatamente “ciao, vado in montagna. Il telefono potrebbe non prendere. Ci sentiamo a ora e data da destinarsi”.