31 anni dalla strage di Via D’Amelio. Il ricordo di Paolo Borsellino.
Sono passati 31 anni dalla strage di via D’Amelio, in cui il magistrato Paolo Borsellino venne ucciso da una bomba piazzata dalla mafia sotto la casa della madre, insieme a cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Sono passati 31 anni e 57 giorni dalla strage di Capaci, in cui ad essere barbaramente ucciso fu Giovanni Falcone, insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti della scorta. Insieme, nel pool antimafia costruito da Antonio Caponnetto, hanno combattuto la mafia come nessun altro prima di loro.
Palermitano doc, sposato e padre di tre figli, sempre con la sigaretta in bocca, Borsellino rideva forte e amava il mare. Disse in un’intervista: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.
La lotta alla mafia, da allora, è cambiata profondamente, perché è cambiata la mafia. Ma l’onestà, il rigore, l’insegnamento di Borsellino devono essere uno stimolo continuo per le istituzioni, per combattere la mafia e le sue infiltrazioni in ogni luogo e a tutti i livelli, a partire dalla cultura della legalità.
I giovani negheranno il consenso alla mafia solo se ci saranno le condizioni per farlo. Fatti, non parole, come quelli che hanno caratterizzato la vita e il lavoro in magistratura di Paolo Borsellino, alla cui memoria “la Repubblica si inchina”, come ha detto questa mattina il Presidente Sergio Mattarella.