PIL, la realtà è che siamo in recessione. Le chiacchiere e la propaganda stanno a zero

Sembra una barzelletta, ma – purtroppo per l’Italia – non lo è. E’ la realtà, nuda e cruda. E, soprattutto, non c’è niente da ridere.

Da un lato, infatti, qualche giorno fa ci siamo dovuti sorbire le roboanti dichiarazioni del Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio circa un’imminente (quanto fantomatico) boom economico. Dall’altro lato, invece, proprio oggi dobbiamo prendere atto della certificazione da parte dell’Istat di come il nostro Paese sia entrato in recessione. 

Insomma, sogni e sparate contro numeri e indicatori. I primi, buoni per la propaganda in vista delle elezioni europee del maggio prossimo, quindi enfatizzati su tutti i canali di comunicazione; i secondi, sottaciuti e relegati al rango di “numeretti”.

Sarebbe certamente una forzatura attribuire tutte le responsabilità del crollo del PIL nel quarto trimestre 2018 all’attuale Governo, stante una situazione internazionale, e specificamente europea, tornata incerta. Tuttavia, dopo otto mesi di vita dell’esecutivo Conte, l’agenda economica del cosiddetto “cambiamento” non ha avuto alcun effetto positivo, anzi.

L’Italia era il fanalino di coda durante i Governi Renzi e Gentiloni in termini di crescita fra i paesi UE, e lì è rimasta, pur ricorrendo a maggiore deficit per coprire, dal 2019 in avanti, spese correnti e non spese di investimento, se non in piccolissima parte (ad esempio, l’intervento, che personalmente ritengo positivo, a favore dei Comuni sotto i 20.000 abitanti).

Lo stesso Ufficio Parlamentare di Bilancio ci ha ricordato anche ieri che l’impatto della legge di bilancio sulla crescita sarà irrilevante, aprendo la strada al rischio di una manovra correttiva già nel corso di quest’anno fatta di tagli ai servizi, come ad esempio la sanità, e di interventi di natura fiscale, e cioè l’introduzione di un’ulteriore patrimoniale sugli immobili e addirittura sulla ricchezza mobiliare degli italiani. 

Il tutto, con la spada di Damocle dell’aumento dell’IVA, che scatterà in maniera automatica dal 1° gennaio 2020 e che falcidierà i consumi interni, oltre a determinare un crollo del gettito.

Insomma, il Governo Conte la smetta con la propaganda sulla pelle degli italiani al solo fine di acquisire tempo e consenso in vista delle prossime elezioni, prenda atto della realtà e dei cosiddetti “numeretti”, e stravolga completamente la propria agenda economica, utilizzando le poche risorse disponibili per finanziare le opere pubbliche, grandi e piccole, per tagliare le tasse alle famiglie e per ridurre il cuneo fiscale alle imprese. 

Solo così il sistema produttivo italiano potrà tornare ad offrire opportunità di occupazione, sia per chi si affaccia per la prima volta nel mondo del lavoro, sia per chi vuole rientrarci e non considera dignitoso dover combattere per ottenere interventi di natura assistenziale – che certamente non sono né universali, né risolutivi – come il fantomatico reddito di cittadinanza.