Il 23 febbraio 1924 veniva redatta la Carta dei Diritti del Fanciullo

Il 23 febbraio di 99 anni fa, per la prima volta la Società delle Nazioni scriveva la Carta dei diritti del fanciullo. Non è il caso di fare ora una lezione sulla storia e sull’importanza di questo documento, né di anticipare la giornata internazionale dei diritti dei bambini, il 20 novembre. Mi sembra però particolarmente significativo che questa data ricorra proprio oggi, alla vigilia del primo anniversario della guerra in Ucraina.

È di pochi giorni fa un’intervista ad una madre che, circondata dalle macerie di un paese della campagna ucraina, raccontava avvilita di come il figlio di sei anni distinguesse senza fatica i vari modelli di mezzi corazzati, blindati, e altre dotazioni militari, anziché i personaggi di qualche racconto fantastico o dei fumetti, o i protagonisti dell’ultimo album di figurine.

Mi chiedo quindi quale futuro stiamo offrendo, come civiltà umana, a questi bambini, che stanno crescendo nella guerra, nella paura, nella povertà, nella fuga. Anziché un’infanzia felice, a fare da fondamenta a una vita ci saranno i ricordi tremendi di distruzione e dolore.

Quali diritti sono questi? Quale vita potrà mai ricompensare questi ragazzi, convincendoli che i diritti non sono solo parole vuote scritte su un pezzo di carta? Quali strumenti, quali politiche, stiamo costruendo per tutelare quei diritti che 99 anni fa le nazioni della terra vollero sancire in modo indelebile? Come padre non sono domande che mi faccio retoricamente, né mi smuove la sola compassione per i civili coinvolti dalla guerra: sono invece una riflessione su quanto poco le nazioni imparino dal passato e dalle loro stesse Dichiarazioni e di quanto, pur rendendoci conto di quanto siano importanti i giovani per il nostro continente, non ci preoccupiamo del futuro, persi a occuparci di un presente che, purtroppo per noi, già non ci appartiene più.