XXXV Edizione del Salone del libro, due parole per i contestatori del Ministro Eugenia Roccella

A poche ore dalla chiusura del Salone del Libro, è già possibile tracciare un primo bilancio sull’edizione numero 35, eccezionale nei numeri e nella partecipazione. Un evento che qualche anno fa ha rischiato di essere “scippato” da Milano, ora porta la Città di Torino e la Regione Piemonte al centro del mondo della cultura: non possiamo che esserne orgogliosi.

Appuntamenti di questa portata (esattamente come i tanti eventi sportivi, per esempio) riempiono gli alberghi e i ristoranti, alzano il livello culturale della città, ne mettono le bellezze sotto la lente di ingrandimento: questa è promozione del territorio fatta in modo intelligente. Qualche meccanismo è da oliare, qualche aspetto organizzativo si può ulteriormente migliorare – vedi le lunghe file ai (pochi) bagni e sotto la pioggia in attesa di entrare – ma se piove quasi ininterrottamente e l’affluenza è da record qualche disagio è da mettere in conto…


Purtroppo non sono mancate le pagine negative, su tutte la contestazione che ha impedito al Ministro alla Famiglia, Eugenia Roccella, di presentare il suo libro ed esprimere il suo pensiero. Non mi è piaciuta la gestione di Nicola Lagioia: se sei il direttore del Salone, ancorché in scadenza, non puoi lavartene le mani solo perché i contestatari ti stanno più simpatici dei contestati, ma devi rimanere in prima fila fino alla soluzione del problema. E l’unica soluzione, in particolare al Salone del Libro, è garantire a tutti il diritto di parola.

A lui e ai ragazzi che hanno impedito il dibattito voglio ricordare che la base della democrazia sta proprio nella libertà di pensiero e di espressione, da difendere anche e soprattutto quando il pensiero espresso non è in linea con il proprio. È quando quella libertà viene impedita che affiorano gli oscuri fantasmi del passato, quei totalitarismi che – a parole per qualcuno, nei fatti per altri – sono lo spauracchio da combattere.

Mi si perdoni il tono paternalistico, ma ai giovani contestatori – e qui non riesco a non pensare ad altri giovani che proprio in questi giorni si sono messi a spalare fango nei paesi della Romagna, lontano dai riflettori! – a costoro, dicevo, vorrei far notare che le loro azioni violente ottengono un risultato esattamente opposto alle intenzioni.

Vogliono sollevare un problema, portare all’attenzione del pubblico e della politica le loro istanze, qualsiasi esse siano? Bene, alla fine sui media e nelle stanze decisionali si parla solo della contestazione e mai del merito. E, alla fine, gli anti-democratici sono loro. Non mi pare una grande operazioni in termini di risultati e di obiettivi raggiunti. O il fine è solo (auto)promuoversi?