Parliamo di politiche per la famiglia, al posto di preoccuparci delle pesche
La famiglia è tornata al centro del dibattito politico e mediatico grazie allo spot di Esselunga, ma non è di questo che voglio parlare. Mi interessa molto di più ragionare sulle politiche per la famiglia, che possono aiutare le giovani coppie ad avere dei figli nonostante la crisi economica, il lavoro precario, il disagio abitativo e la carenza di servizi. Politiche che, come ha giustamente sottolineato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo intervento a Torino nell’ambito del Festival delle Regioni, saranno al centro della prossima legge di bilancio.
Se i dati sulla natalità in Italia non sono di certo i più rosei, in Piemonte come in altre Regioni del nord va peggio. Nel 2022 si sono registrate meno di 26mila nascite, in calo del 3% rispetto all’anno precedente. Negli ultimi dieci anni, poi, le nascite sono crollate del 27%. Secondo l’ultima rilevazione Istat, al primo gennaio 2023 il Piemonte contava 4 milioni e 240mila residenti, 85mila persone in meno rispetto a cinque anni fa. Gli stessi stranieri residenti in Piemonte sono passati in cinque anni da 411mila a 414mila, un dato quindi sostanzialmente stabile.
E allora? Allora bisogna sostenere le famiglie con i servizi e le agevolazioni fiscali: una strada in salita, certo, perché prevede che le poche risorse disponibili abbiano quella destinazione prioritaria. Ma non ce ne sono altre. Sono proprio i servizi quelli che fanno la differenza, come emergerebbe chiaramente da un colloquio con una giovane coppia: asili nido, scuole materne, pre e post-scuola, attività post-scolastiche sportive e laboratoriali. Nella nostra regione, per esempio, sono 27mila i posti disponibili tra asili nido, sezioni primavera e baby parking. Come calcola IRES, riescono a coprire il 32,8% della popolazione target (un dato in crescita, quindi da sottolineare positivamente, ma che ahinoi consegue anche dalla diminuzione dei bambini).
Bene, dunque, ha fatto la Regione Piemonte con la predisposizione di un bando che stanzia 3 milioni e mezzo di euro per l’apertura e il mantenimento di nidi d’infanzia, baby parking, spazi gioco e ludoteche all’interno delle aziende sanitarie e ospedaliere. Questi spazi saranno a disposizione di piccole e piccoli i cui genitori lavorano in quelle strutture ma anche degli utenti, per il tempo necessario a una visita o un esame. Un modo concreto per aiutare a conciliare la vita lavorativa e quella familiare.
Forse, lo comprendo bene, non è un progetto applicabile in qualsiasi luogo di lavoro ma il primo passo è stato compiuto, pur dovendo fare i conti con le ristrettezze del bilancio regionale, in gran parte – come è noto – dedicato all’organizzazione delle cure sanitarie. Una politica lungimirante e che guarda al futuro delle prossime generazioni, tuttavia, deve darsi come obiettivo quello di estendere progressivamente il servizio nei luoghi di lavoro dell’impresa privata, aumentando le risorse economiche a disposizione e, di conseguenza, il numero delle famiglie coinvolte. La Regione può ancora fare la sua parte, ma è lo Stato a dover indicare questa priorità, sostenendola concretamente.
Più posti negli asili nido, maggiore ricorso allo smart-working nel terziario, permessi genitoriali: in questo modo le coppie si sentiranno accolte e sostenute nella loro scelta di avere figli e troveranno più facile e meno ansiogena la gestione di tempi e orari e la conciliazione tra lavoro, impegni personali e famiglia. Impegni concreti, da attuarsi nel corso di questa legislatura nazionale e nella prossima regionale, e che garantiranno un futuro alle nostre comunità.