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Il sovraffollamento delle strutture di pronto soccorso

Nei giorni scorsi le cronache cittadine dei maggiori quotidiani torinesi hanno dato evidenza ad una criticità, che non è certo recente, ma che in particolare nei mesi autunnali e invernali si ripresenta in modo ciclico. Sto parlando del sovraffollamento presso le strutture di pronto soccorso degli ospedali della nostra regione (e non solo).

 
Si tratta di occuparsene, mettendosi nei panni dei cittadini che richiedono un servizio universalmente garantito. E allora, nella ricerca delle soluzioni praticabili e sostenibili anche dal punto di vista economico, giova riproporre l’alleanza virtuosa tra pubblico e privato nell’erogare prestazioni. Come? Consentendo l’apertura di reparti di pronto soccorso anche nelle strutture ospedaliere private, in sinergia e a supporto di quelle pubbliche.
 
Credo, infatti, che questa modalità, soprattutto dopo tre anni di emergenza sanitaria che ha messo a dura prova l’offerta di salute pubblica, rappresenti un’opportunità più che una minaccia. Lo dimostrano le regioni italiane in cui questa integrazione tra pubblico e privato è realtà: non soltanto la Lombardia, ma anche Veneto, Campania e Puglia, per citarne alcune.
 
È una scelta sussidiaria che, realizzata con il fine di fornire un servizio migliore, più rapido e più efficace ai cittadini, non può e non deve mettere in discussione l’efficienza riconosciuta della sanità pubblica italiana. Pubblico, tra l’altro, è un termine che non è sinonimo di “statale”: pubblico è ciò che viene realizzato sotto il controllo dello Stato o degli Enti locali, statale è ciò che viene realizzato direttamente dall’Amministrazione pubblica.
 
In giorni in cui il personale sanitario, dopo anni di fatiche inimmaginabili, è stremato dall’assalto dell’influenza e le strutture sanitarie applicano il sistema Covid per le cure domiciliari ai pazienti influenzati, al fine di avere più letti liberi per le emergenze, l’opzione di pronto soccorso in clinica comincia ad avere una consistenza: se ne parla da qualche anno, e io penso sia il caso di cominciare ad attuarla anche in Piemonte.