Legge di bilancio, pochissimi i “prenditori”. Il conto, agli italiani

Da un lato, quelli che usando il gergo tipico degli seguaci di Di Maio potremmo definire i “prenditori”, e cioè i 3/400 mila ipotetici pensionabili con la cosiddetta “quota 100” e i 4/500 mila potenziali percettori del reddito di cittadinanza; dall’altro lato, tutti gli altri italiani, ossia chi dovrà caricarsi sulle spalle, ad esempio, 53 miliardi di nuove tasse indirette con l’aumento delle aliquote IVA nel biennio 2020/2021 per rendere strutturali quelle due misure, finanziate oggi con il ricorso al deficit.

Questo in teoria, perché con quei livelli di aliquote si determinerà un’ulteriore drastica riduzione dei consumi interni e, conseguentemente, un crollo del gettito. Il tutto, senza considerare l’aumento del cosiddetto sommerso. 

Si potrebbe riassumere così la prima legge di bilancio del governo pentaleghista.

Una manovra economica, dunque, di stampo assistenziale che – più che segnare un cambiamento – rappresenta un ritorno alle peggiori esperienze dei governi balneari della Prima Repubblica.

Con l’aggravante che, in questo caso, quelle due misure – chiaramente insostenibili dal punto di vista finanziario – servono esclusivamente a “scavallare” le elezioni europee. Insomma, si tratta di un tassello della campagna elettorale di Lega e M5S. A carico, però, delle tasche degli italiani.

Ci saremmo aspettati, al contrario, che le poche risorse rese disponibili dalla trattativa con l’Unione Europea sul deficit (il famoso 2,04%, ben diverso dal 2,4% che era stato sbandierato) fossero indirizzate verso interventi in grado di far crescere il PIL italiano, e cioè: riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese e rilancio di una seria politica infrastrutturale.  In questo modo avremmo messo in campo una manovra espansiva, capace di far crescere l’economia e di ridurre il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo. Niente di tutto ciò, ahinoi.

Per usare un gioco di parole, sport in cui Di Maio e soci si credono tanto abili, quello attualmente in carica è davvero il governo del cambiAumento.

Ecotassa sulle automobili, il solito boomerang pentastellato

FCA ha rinunciato ad illustrare il suo piano industriale alle Istituzioni piemontesi, previsto per giovedì scorso, a causa dell’approssimazione e della superficialità con la quale il M5S pensa di poter governare i temi dell’economia e dell’ambiente.

Nella lettera con la quale i vertici dell’azienda automobilistica hanno comunicato al Consiglio regionale del Piemonte la loro indisponibilità era scritto nero su bianco, seppur in altri termini: hanno scritto, infatti, che “negli ultimi giorni lo scenario a tendere è stato significativamente modificato da interventi sul mercato dell’auto in discussione all’interno della Legge di bilancio che (…) alterano l’intero quadro di azione all’interno del quale il piano per l’Italia era stato delineato”.

Insomma, il cosiddetto bonus-malus anche per i vertici FCA è una vera e propria nuova tassa, che come giustamente hanno sottolineato “inciderà negativamente sulla dinamica del mercato” e andrà necessariamente a modificare il piano industriale per il nostro Paese.

E nemmeno le rassicurazioni a parole del Ministro Di Maio al MISE al tavolo convocato proprio su questo argomento hanno avuto effetto. Anzi, al contrario, hanno convinto il maggiore player sul nostro territorio a prendere tempo: ribadiamo dunque, insieme alla collega componente della Commissione Attività produttive Claudia Porchietto e al vicecapogruppo di Forza Italia al Consiglio regionale del Piemonte Andrea Tronzano, la necessità che l’emendamento che introduce l’ecotassa venga soppresso con un atto formale al Senato, cosa che ad oggi non è ancora avvenuta.

Mettere in sicurezza i ponti sul Po, subito

Con la presentazione, da parte dell’onorevole Elena Lucchini, di un emendamento ad hoc alla Legge di bilancio si apre concretamente la possibilità di mettere finalmente in sicurezza i ponti sul Po che si trovano nel territorio provinciale torinese, quantomeno attraverso il finanziamento delle manutenzioni ormai non più rinviabili.

A tal proposito, pur nel mio ruolo di deputato di minoranza, esprimo il mio consenso perchè l’iniziativa della collega della Lega potrà consentire, appunto, alla Città Metropolitana di Torino e all’ANAS di disporre delle risorse necessarie, all’interno di uno stanziamento complessivo di 250 milioni di euro nel quinquiennio 2019-2023, per i ponti di Carmagnola, Carignano, Pancalieri, Chivasso, San Sebastiano da Po, Verrua Savoia e quelli fra Settimo e Castiglione Torinese e fra San Raffaele Cimena e Brandizzo.

Ora mi aspetto che il Governo accolga nella Legge di bilancio tale proposta e il relativo stanziamento e che i soggetti attuatori si mettano al lavoro per essere in grado di partire con i lavori di manutenzione nel più breve tempo possibile; da parte mia, poi, vigilerò all’interno della Commissione Ambiente, Lavori pubblici e Territorio affinchè le risorse complessivamente destinate per tutti i ponti insistenti sul bacino del Po possano essere allocate in via prioritaria a favore delle infrastrutture che necessitano dei maggiori e più urgenti interventi, specie nel territorio della Città Metropolitana di Torino.

Torino Metropoli è SI TAV. Grazie ai sindaci del cdx

Con il voto di ieri della Conferenza dei sindaci della Città metropolitana di Torino a favore dell’alta velocità Torino-Lione le Amministrazione comunali del territorio hanno dato un segnale forte ai teorici della decrescita e a coloro che vogliono condannare il Piemonte e l’Italia al declino economico. 

C’è innanzitutto da ringraziare i sindaci e i vicesindaci, sia provenienti dalle aree coinvolte dal progetto TAV, sia appartenenti a tutti gli altri territori della provincia torinese, che con la loro presenza e il loro voto hanno dimostrato di avere a cuore le ragioni dello sviluppo e del lavoro. L’ho ieri fatto di persona, assistendo ai lavori fin dall’avvio della Conferenza insieme alla collega on. Claudia Porchietto, e lo faccio di nuovo qui oggi, ad esito avvenuto.

In particolare, ritengo doveroso rimarcare la coesione di tutte le amministrazioni a guida centrodestra, a cominciare da Orbassano, Carmagnola e Ivrea, passando per tutti i Comuni piccoli e medi, che sono stati decisivi per il raggiungimento del quorum necessario a rendere valida la votazione dell’ordine del giorno bipartisan SI TAV.

Ciò a differenza delle minoritarie Amministrazioni NO-TAV che hanno inutilmente tentato di rendere nulla la votazione, non partecipando al voto: come, ad esempio, quella M5S di Torino rappresentata dalla prima cittadina Chiara Appendino o quella di Susa, guidata dal sindaco PD Sandro Plano, che in più nel suo intervento ha finalmente ammesso che le obiezioni di natura ambientale dei NO-TAV, come la presenza di amianto e di uranio (!), sono sempre state e sono semplici alibi.

Comital-Lamalù, in scena l’ennesima presa in giro del Governo

Quando, riferendosi ai lavoratori Comital-Lamalù, l’attuale vicepremier Di Maio racconta di aver creato “una norma ad hoc che garantisse loro l’accesso alla cassa integrazione” ancora una volta dimostra di non aver compreso la differenza tra campagna elettorale e attività di governo.

Infatti, come abbiamo inutilmente tentato di far capire nel corso dell’approvazione del decreto Genova e altre emergenze, la norma predisposta dall’esecutivo prevede la copertura per il biennio 2020-2021, lasciando quindi fuori le procedure fallimentari in essere, tra cui proprio quella che riguarda i lavoratori degli stabilimenti di Volpiano.

Non a caso, l’emendamento a firma di Claudia Porchietto e del sottoscritto, poi bocciato pur avendo individuato le necessarie coperture finanziarie, consentiva, al contrario, di estendere tale possibilità al 2018 e al 2019, evitando così di lasciare in mezzo una strada 127 lavoratori che da giugno sono senza alcuna forma di reddito.

E’ inutile che oggi il Ministro cerchi di scaricare la responsabilità sulla curatela fallimentare, continuando con la propaganda sulla pelle delle persone: fino ad oggi le sue promesse sono state puntualmente disattese, a evidente dimostrazione di come non sia sufficiente un tweet o una passerella per risolvere i problemi delle persone.

Spiace che a pagare un prezzo altissimo di tanta incapacità siano quasi 130 lavoratori che sono state illusi e che, in assenza di soluzioni in extremis, dovranno subire la procedura di licenziamento collettivo.

Ecotassa su auto benzina e diesel, provvedimento tafazziano

Con la cosiddetta ecotassa sulle utilitarie diesel e benzina il Movimento Cinque Stelle si dimostra ancora una volta orientato ideologicamente alla formula “più tasse” a carico dei cittadini. Anche solo aver immaginato di introdurre un nuovo balzello sulle automobili prodotte in Italia è, infatti, sintomatico di quanto sia superficiale e approssimativo l’approccio, sia alle politiche economiche, sia alle politiche ambientali, da parte degli esponenti pentastellati.

E’ evidente che tutte le forme di incentivo per la diffusione di automobili elettriche ci trovano d’accordo. Tali scelte, tuttavia, non possono prevedere contemporaneamente ulteriori forme di tassazione in un comparto industriale, quello appunto automobilistico, che da solo vale 189 miliardi di euro, pari all’11 per cento del prodotto interno lordo dell’Italia. Piuttosto, si tratta di dare sostegno alle politiche industriali riferite al tessuto manifatturiero tradizionale, per salvaguardare l’occupazione e la competitività del sistema-Paese.

Tra l’altro senza un intervento emendativo alla legge di bilancio da parte del Senato, con questo provvedimento si andrebbero a colpire in primo luogo i cittadini economicamente più deboli, quelli cioè che nonostante gli incentivi non potranno permettersi di sostituire le loro automobili con vetture che, ancora oggi, hanno costi fuori dalle loro possibilità.  

Dopo la levata di scudi di Forza Italia, autorevoli esponenti dell’attuale maggioranza parlamentare si sono espressi a favore di una decisa marcia indietro su questo provvedimento tafazziano: mi auguro che alle rassicurazioni verbali seguano azioni formali, contenute nei provvedimenti di natura legislativa e non in un video-messaggio su Facebook. 

Legge di bilancio, dal balcone alla realtà dei numeri

In principio furono i festeggiamenti sul balcone. In onore della cosiddetta abolizione della povertà. Questo, almeno era il sogno descritto in quei giorni dalla narrazione governativa. 

Poi, piano piano, a quel segno cominciò a sostituirsi la realtà, fatta di freddi numeri e di rispetto di vincoli, di bilancio e non solo. Per arrivare, alla fine di questa primo tempo, ad un clamoroso impasse a pochi giorni dal giudizio dell’UE dopo l’apertura della procedura di infrazione, con conseguenti possibili sanzioni miliardarie a carico dell’Italia e quindi, in ultima analisi, dei cittadini-contribuenti del nostro Paese.

Si potrebbe sintetizzare così il percorso fin qui seguito dalla prima legge di bilancio gialloverde, quella che il relatore del M5S ha definito – ieri, in occasione dell’apertura della discussione generale sull’attuale testo – con la consueta enfasi da hashtag “manovra del cambiamento”.

Si tratta, infatti, al netto delle più o meno piccole elargizioni che ricordano la tanto vituperata Prima Repubblica, di un testo che nulla dice – in termini di proposte operative – sui due provvedimenti-bandiera dell’attuale governo, e cioè il reddito di cittadinanza e la cosiddetta quota 100 sui pensionamenti.

Sì, perchè al di là delle cifre – peraltro passibili di sforbiciate per venire incontro alle richieste di riduzione del deficit per il 2019 e gli anni successivi da parte della Commissione Europea – al momento non è dato sapere quale sarà la traduzione pratica delle promesse elettorale di M5S e Lega su quei due argomenti.

Lo sapremo, forse, dopo il primo voto di fiducia alla Camera dei Deputati e il successivo lavoro sul testo da parte dell’aula del Senato?

Oppure dovremo attendere i primi mesi del 2019, o metà anno, beninteso prima delle elezioni europee, vero obiettivo di sopravvivenza dell’attuale esecutivo?

Quel che è certo, è che il tanto sbandierato “cambiamento” non si è visto.

Piuttosto, abbiamo assistito – anche chi, come me, per la prima volta ha affrontato da legislatore questo impegno nelle Istituzioni – ad un tuffo nel passato, fatto di cabine di regia, di vertici, di emendamenti proposti e poi ritirati tanto per vederne l’effetto (clamoroso il caso delle penalizzazioni per le auto benzina e diesel, un vero colpo per la precaria condizione della produzione automobilistica italiana), tutto un armamentario che, come dicevo prima, sa tanto di Prima Repubblica.

D’altronde, solo un paio di anni fa, l’avvocato Luca Medici cantava, con lungimiranza, che “non finisce mai”. Aveva ragione, ahimè.

4 NOVEMBRE, LA GIORNATA DEL TRICOLORE

In occasione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, una delle feste più importanti per il valore della nostra Nazione e del nostro essere italiani, come ogni anno – e maggior ragione in questo 2018, nel centesimo anniversario della vittoria nella Grande Guerra – esporrò il Tricolore.

E sarebbe davvero bello che tutti i cittadini e le cittadine facessero altrettanto, issando sul proprio balcone di casa, nel proprio giardino, insomma ovunque ne abbiano la possibilità, la nostra bandiera tricolore. 

Nel Tricolore hanno sede il verde in rappresentanza della libertà, e in senso più generico della speranza, il bianco della fede e il rosso dell’amore. Valori che come Italiani sentiamo mai come in questa difficile fase storica e politica il bisogno di recuperare. 

Un popolo è Nazione anche nell’orgoglio di esporre i propri simboli. Negli Stati Uniti o in Svizzera, è molto difficile individuare un’abitazione senza la bandiera nazionale esposta e rigorosamente curata 365 giorni l’anno, e tanti sono i Paesi dove questa tradizione si ha durante i momenti di festa nazionale. 

Viva l’Italia, viva la nostra Patria! 

Comital, oggi è andata in scena l’ennesima presa in giro targata M5S

Oggi a Torino di fronte ai sindacati e ai rappresentanti della Regione Piemonte è andata in scena l’ennesima presa in giro targata Movimento Cinque Stelle.
Facciamo un passo indietro. Nella serata di ieri, in Aula, il governo ha dapprima espresso il proprio parere negativo sull’emendamento al Dl Genova che avevamo proposto per consentire ai lavoratori Comital-Lamalù di avere la copertura degli ammortizzatori sociali dal giorno in cui vennero fermati gli impianti.
Poi, accorgendosi che oggi Di Maio sarebbe arrivato a Torino all’incontro con i sindacati e con la Regione Piemonte con in mano un pugno di mosche farcito dai soliti slogan acchiappa like e nulla più, ha proposto un emendamento di argomento simile che, tuttavia, non risolve il problema per i lavoratori Comital e Lamalù, ormai senza fonte di reddito dal giugno scorso.
Sebbene fossimo stati i primi a porre il tema e ad offrire alla discussione parlamentare una soluzione concreta, noi parlamentari di Forza Italia avremmo anche potuto accettare una riformulazione del nostro emendamento, a patto però che fosse utile ad ottenere un risultato concreto, ovvero incidere in modo positivo sulla vita delle famiglie coinvolte dal fallimento delle due aziende volpianesi.
Registriamo, ahinoi, che non è andata così: il M5S ha tradito la promessa fatta dal suo vicepremier Di Maio, che oggi prova a vendere fumo per celare le sue mancanze, rinviando a soluzioni impraticabili nella forma e nella sostanza.
Il nostro emendamento, al contrario, avrebbe rappresentato una boccata d’ossigeno immediata per i lavoratori, in attesa di buone notizie sulla procedura concorsuale messa in atto dai curatori fallimentari.
Continueremo a batterci su questa vicenda, riproponendo il nostro emendamento durante la discussione della legge di bilancio.

Analisi costi-benefici, ovvero come perdere altro tempo sulla TAV

E alla fine l’alibi della mirabile “analisi costi-benefici” venne meno…

Lo certifica in questa intervista su La Stampa odierna il prof. Marco Ponti, cioè il docente universitario incaricato da Toninelli per coordinare il gruppo tecnico istituto al MIT e finalizzato a valutare le grandi opere infrastrutturali necessarie per l’Italia, a cominciare dalla Torino-Lione.

Lui stesso, infatti, ammette “che la decisione finale, in democrazia, spetta alla politica. E la politica se ne deve assumere la responsabilità, SENZA DELEGARLA ALL’ANALISI COSTI-BENEFICI” (cit.)

Insomma, mesi e mesi di chiacchiere come arma di distrazione di massa, per stessa ammissione da parte di chi è stato coinvolto dall’attuale Ministro.

Per difendere il Piemonte dall’isolamento, #SITAV