“Studenti e DAD, rispetto e non paternali” (su “Lo Spiffero” del 21 novembre 2020)
Nel ripercorrere le tappe che hanno portato, in questi giorni, tanti studenti a seguire l’esempio delle due studentesse dell’Istituto “Niccolò Tommaseo” – che, per prime, hanno manifestato il loro dissenso rispetto alla decisione del governo di chiudere le scuole, posizionandosi davanti all’ingresso della scuola per svolgere la didattica a distanza – sono andato a rileggermi il testo della lettera inviata ad Anita e Lisa dalla loro dirigente scolastica.
E ne ho tratto alcune considerazioni. La dirigente, infatti, probabilmente si è sentita in dovere di segnalare la sua contrarietà, certamente per il suo ruolo nell’istituzione scolastica e non per il fatto che in questa fase si trovi anche a svolgere il ruolo di Consigliere comunale a Torino per uno dei partiti attualmente al Governo.
Allo stesso tempo, però, è il tono un tantino paternalistico e piuttosto sentenzioso che mi ha destato perplessità, specie laddove alle due giovani è stata rimproverata la violazione sia di una norma governativa, sia della stessa Costituzione. Con il risultato di trasformare la loro presa di posizione libera, e intelligentemente critica, in un atto riprovevole di disobbedienza civile, nonché potenzialmente dannoso per l’interesse collettivo alla salute. Mi chiedo francamente dove si possa ravvisare tutto ciò nel comportamento di Anita, di Lisa, di tutte le studentesse e di tutti gli studenti che in questi giorni hanno deciso di segnalare la propria volontà di tornare a scuola in presenza con l’iniziativa denominata “School for future”…
Non solo. Il rispetto per le regole e il senso della responsabilità, richiesti a queste ragazze e questi ragazzi, ed auspicato come comportamento corretto di ogni cittadino, bisognerebbe mostrarlo prima di pretenderlo. E bisognerebbe che a mostrarlo fosse in primo luogo chi ha avuto almeno sei mesi per organizzare la ripresa delle lezioni nelle Aule scolastiche e nelle Università, sprecandoli ad “inseguire” l’alzata di ingegno dei banchi a rotelle.
Proprio su questo tema, sono tanti i modi in cui rispetto e responsabilità avrebbero potuto tradursi in azione. Ad esempio, considerando non solo la messa in sicurezza e la predisposizione di regole applicate all’utilizzo dell’edificio in cui si realizza la didattica, ma anche il fattore importantissimo del trasporto degli studenti. Il rispetto per i giovani, per il diritto e soprattutto per la necessità dell’istruzione, avrebbe dovuto portare, una volta compreso l’errore, a rimediare, magari intensificando la rete dei trasporti con l’affiancamento del privato al pubblico. E posizionando termoscanner fissi agli ingressi degli istituti scolastici, nonché organizzando hotspot dedicati al personale scolastico e agli studenti per il tracciamento rapido di infezioni da Covid-19: insomma, cercando in ogni modo una soluzione per consentire la presenza a scuola.
È la mancanza di rispetto che ha portato, invece, alla soluzione più immediata, superficiale, comoda da gestire: chiudere le scuole e tornare alla didattica a distanza, con tutti i problemi che conosciamo. E poi mi sembra quanto meno contraddittorio che si parli di rispetto dei principi della democrazia e poi si chieda sostanzialmente ed unicamente obbedienza. Non sa tanto di democrazia esternare la propria opposizione, in maniera forse eclatante in questo caso, ma pacata e rispettosa? E perché la potestà di dettare imposizioni così limitanti non dovrebbe essere fronteggiata dal diritto di discuterle, di criticarle e anche di migliorale insieme? Non sempre e non del tutto ha ragione chi scrive le regole. In questo senso, aveva invece piena ragione chi sosteneva, alle origini dello Stato moderno, che, se il diritto è giusto per definizione, non sempre le leggi lo sono.